Salve a Tutti,

Yijing
questo è il primo articolo di INTERSEGNI e di una serie in cui vorrei illustrare (di certo in modo parziale, data la vastità del tema) il Libro “Yijing – il Classico del Mutamento”.
Yijing è uno strumento, un “dispositivo” come lo presenta François Jullien (1). Non è nato come testo, ma lo è diventato successivamente, nel corso dei quattro millenni che ci separano dalla sua possibile origine. Come per ogni strumento, è opportuno conoscerne le parti e le loro funzioni.
Chi ha letto quanto presentato nelle sezioni “il Passato” e “il Linguaggio”, sa che ciò che abbiamo in mano è una delle molte traduzioni e, a volte, anche di interpretazioni del Yijing. Su questi due punti avremo modo di tornare, poiché è un’impresa non da poco il trasferimento di concetti e termini cinesi – rappresentati visivamente come ideogrammi – nelle nostre lingue occidentali basate sulla scrittura fonetica – cioé il suono delle parole che sottintendono concetti e termini che si formano solo idealmente nella mente di chi scrive o legge. Pertanto, le traduzioni dal cinese non sono dogmatiche, e la diversità tra una traduzione e l’altra è una discrezione personale.
Secondo Master Huang:
“Tra tutte le traduzioni, le migliori sono quelle di Richard Wilhelm (pubblicata nel 1924) e di James Legge (pubblicata nel 1882). Ma tutte le traduzioni, secondo il mio punto di vista di cinese, non sono affatto vere rispetto all’originale cinese dell’I Ching: sono state occidentalizzate. Per renderle in inglese o rendere comprensibile un concetto, vi hanno inserito quel che del testo avevano loro stessi compreso, limitando in tal modo le possibili interpretazioni di un’opera che è nota per essere sempre aperta.” (MAH,1) *
E anche:
“James Legge aveva una buona dimestichezza dell’antica lingua cinese scritta, ma non credeva nell’I Ching. Wilhelm credeva nell’I Ching, ma la sua traduzione si basava sull’interpretazione verbale del suo insegnante.” (MAH,1) *
A sua volta, François Jullien così si esprime:
“In Occidente la lettura del I Ching è rimasta a lungo (fin troppo) dominata dalle scelte interpretative dei Wilhelm, padre (Richard, 1873-1930) e figlio (Hellmut,1905-1990).” (FJ,1) *
Le citazioni qui sopra intendono semplicemente illustrare quanto nelle traduzioni intervengano le conoscenze e i vissuti del traduttore, specialmente quando il trasferimento avviene tra culture molto lontane tra loro geograficamente, temporalmente e concettualmente. Alcune espressioni indicative del contesto storico e culturale saranno argomento di un articolo specifico.
Il Libro “Yijing – il Classico del Mutamento” all’inizio non era affatto un libro, ma una mantica trasmessa oralmente che impiegava dei segni convenzionali: dapprima punti bianchi (yang) e neri (yin) secondo certi schemi, e solo successivamente le linee intera (yang) e spezzata (yin) in una struttura di sei linee sovrapposte (Gua o esagramma). La struttura dell’esagramma era (ed è ancora, per chi vuole) prodotta dalla manipolazione di steli di achillea secondo una procedura codificata.
Quindi, il primo elemento oracolare è appunto l’esagramma, il Simbolo, che mostra il “mutamento” con l’alternanza di linee intere e spezzate e le loro qualità di forza o debolezza.
“Nella struttura solidamente consolidata dell’esagramma, tutta l’esperienza delle evoluzioni passate è trattenuta e “tesaurizzata” come in una rete; parallelamente, la modalità sommamente duttile e fluida dell’achillea, permette al consultante di aderire il più possibile da vicino alla minima modificazione ancora “invisibile” (tanto è allo stato embrionale) di un’evoluzione in corso.” (FJ,1) *
Il secondo elemento è il Nome dell’esagramma. Si attribuisce a Re Wen (fine II millennio a.C.) la definizione dei nomi che attualmente abbiamo, e nei precedenti Yi (dinastia Xia e dinastia Shang) alcune figure potevano essere nominate diversamente. I nomi sono scritti come ideogrammi, ed è grazie a questa formulazione che il nome scritto illustra anche il significato. Alcuni pittogrammi (segni singoli) sono così antichi da comparire solo nel Yijing, tanto che già al tempo di Confucio se ne era perso il ricordo.
Il terzo elemento, attribuito a Re Wen, è la Sentenza: pochi ideogrammi che illustrano le caratteristiche dell’esagramma e, per noi, la relativa difficile traduzione.
Il quarto elemento, attribuito al Duca di Zhou (quarto figlio di Re Wen) è il Testo delle Linee: ogni linea è osservata nella sua posizione e rapporto con le altre, e, pertanto, anche di progressione temporale (dal basso all’alto), attribuendo caratteristiche di “sviluppo interno” al significato complessivo dell’esagramma (Simbolo e Nome).
Il quinto elemento è l’Immagine: il commento al Simbolo di Confucio (VI sec. a.C.) sulla base del rapporto tra i trigrammi superiore/inferiore.
Gli elementi qui sopra sono presenti nella prima parte del libro di Wilhelm (Libro Primo), mentre nel Libro Terzo sono inseriti gli altri Commenti di Confucio: Commento alla Decisione (Sentenza) e Commento al Testo delle Linee.
A parte quanto sopra, che se riunito insieme si riduce ad alcune pagine per ogni esagramma, il rimanente è la spiegazione/interpretazione di Wilhelm e del suo insegnante Lau Nai-suan, di formazione confuciana (1).—-
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(*) Vedi: I Referenti ––– (2) C.G. Jung – Ricordi, sogni, riflessioni (Appendice: Richard Wilhelm)
Ciao Daniela, uso bastoncini di bambù. 🙂
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Cara Paola,
grazie del tuo articolo e dell’introduzione allo studio dell’ I CHING.
Volevo chiederti se hai i bastoncini di achillea o se anche tu usi quelli di bambù.
Ho visto che c’è molto materiale in vendita, incredibile!!
Un caro saluto
Daniela >
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